“Anche i vestiti hanno diritto alla felicità”. Così ha dichiarato Jeremy Scott quando è stato assunto come direttore creativo del gruppo Aeffe, ed è così che ha fatto anche per l’ultima sfilata di Moschino. Inutile dire che questo senso di felicità ha coinvolto direttamente e indirettamente ogni spettatrice che ha avuto un’infanzia passata a giocare con la bambola più famosa del mondo: la Barbie.
Ed è proprio a questa icona di stile in miniatura, arrivata al suo cinquacinquesimo compleanno, che è dedicata la collezione primavera/estate 2015 di Moschino.
Tanto odiata quanto amata, la sua sfilata ha scatenato un vero turbine di commenti, critiche ed elogi da parte tutti. In poche parole si può dire che senza bora di dubbio è la “sfilata che ha fatto più parlare di sé”.
Come nel caso del suo debutto in Moschino, dove aveva stereotipato il consumismo americano, anche in questa sfilata la bambola più amata di tutto il mondo ha preso vita e forma in modelle dai fisici snelli come il suo e “imparruccate” di capelli cotonati biondo platino.
Non è un caso che la Mattel poche settimane fa abbia aperto il primo profilo Instagram ufficiale della Barbie, e non è nemmeno un caso che anche Karl Lagerfeld abbia contribuito ad alimentare questo mito creando una bambola a sua immagine e somiglianza.
Gli abiti, gli outfit che fuoriescono uno dopo l’altro non sono niente altro che un rifacimento in dimensione naturale degli abiti delle Barbie.
Le gonne longhette in tessuto plastico rosa profondo accostate ai top crop nello stesso materiale, le felpe larghe con le minute scritte bianche una attaccata all’altra, i pantaloni in lurex argento dentro agli stivali fucsia stile camperos: tutto rimanda a questo magico mondo delle Barbie e tutto sembra essere riemerso dagli anni ’90. Persino gli accessori sono in plastica gommata, come gli orecchini extra large colorati abbinati a costumi e “accappatoi” giallo canarino, e l’immancabile cover dell’iphone a forma di specchio.
Ogni Barbie che avevamo in nelle nostre collezioni private è stata rappresentata: dalla pattinatrice, alla manager, dalla Barbie Malibu in spiaggia, a quella in abito da sera.
In realtà però dietro a questo gioco, a questo show ludico alimentato persino da una pattinatrice olimpionica che irrompe la scena, c’è un lavoro di alta sartoria, di tessuti preziosi, di architetture magistralmente studiate, di vere e proprie opere d’arte.
Anche se non tutti i pareri sono stati positivi in merito a questa collezione una cosa è certa: Jeremy Scott ha portato un aria di “follia” in questa fashion week, ha dettato tendenza, ha nuovamente fatto il “sold out” di questa capsule collection e, cosa più importante, ha contribuito a riportare in voga il culto della Barbie.
Tanto odiata quanto amata, la sua sfilata ha scatenato un vero turbine di commenti, critiche ed elogi da parte tutti. In poche parole si può dire che senza bora di dubbio è la “sfilata che ha fatto più parlare di sé”.
Come nel caso del suo debutto in Moschino, dove aveva stereotipato il consumismo americano, anche in questa sfilata la bambola più amata di tutto il mondo ha preso vita e forma in modelle dai fisici snelli come il suo e “imparruccate” di capelli cotonati biondo platino.
Non è un caso che la Mattel poche settimane fa abbia aperto il primo profilo Instagram ufficiale della Barbie, e non è nemmeno un caso che anche Karl Lagerfeld abbia contribuito ad alimentare questo mito creando una bambola a sua immagine e somiglianza.
Gli abiti, gli outfit che fuoriescono uno dopo l’altro non sono niente altro che un rifacimento in dimensione naturale degli abiti delle Barbie.
Le gonne longhette in tessuto plastico rosa profondo accostate ai top crop nello stesso materiale, le felpe larghe con le minute scritte bianche una attaccata all’altra, i pantaloni in lurex argento dentro agli stivali fucsia stile camperos: tutto rimanda a questo magico mondo delle Barbie e tutto sembra essere riemerso dagli anni ’90. Persino gli accessori sono in plastica gommata, come gli orecchini extra large colorati abbinati a costumi e “accappatoi” giallo canarino, e l’immancabile cover dell’iphone a forma di specchio.
Ogni Barbie che avevamo in nelle nostre collezioni private è stata rappresentata: dalla pattinatrice, alla manager, dalla Barbie Malibu in spiaggia, a quella in abito da sera.
In realtà però dietro a questo gioco, a questo show ludico alimentato persino da una pattinatrice olimpionica che irrompe la scena, c’è un lavoro di alta sartoria, di tessuti preziosi, di architetture magistralmente studiate, di vere e proprie opere d’arte.
Anche se non tutti i pareri sono stati positivi in merito a questa collezione una cosa è certa: Jeremy Scott ha portato un aria di “follia” in questa fashion week, ha dettato tendenza, ha nuovamente fatto il “sold out” di questa capsule collection e, cosa più importante, ha contribuito a riportare in voga il culto della Barbie.